Cose Facili e Cose NON Facili da Fare: Allenarci in Modo Efficace e Produttivo

Il grande allenatore Julio Velasco in questo breve video illustra un concetto piuttosto importante per l’apprendimento: non esistono attività o cose che sono facili o che sono difficili, esistono però attività o cose che ognuno di noi sa fare o che NON sa fare, che siano nuove, o che NON lo siano.

Questo è un principio che potrebbe essere per noi illuminante, dato che:

  1. esistono cose che per noi sono nuove
  2. esistono cose che per noi sono tutt’altro che nuove, anche se magari non sono vecchie, abituali o consolidate;
  3. esistono cose che sono vecchie, abituali o consolidate (e quindi per noi FACILI);
  4. esistono cose che stiamo imparando, siano esse nuove o meno (e quindi per noi  DIFFICILI).

Ma siamo bravi nell’imparare?

Nella realtà è evidente che “coloro che più ottengono” (che non vuole dire “coloro che vincono”) risultano essere persone che non solo hanno competenza, ma anche l’abilità di imparare e di ottenere con più efficacia ciò che vogliono (riuscendo anche ad evitare meglio ciò che non vogliono).

 

Proprio per questo motivo, allora, forse è utile fare un investimento di tempo, energia ed attenzione, al fine di apprendere ciò che ci può fare ottenere meglio ciò che vogliamo.

E a questo proposito bisogna essere ben consapevoli che:

1)      l’apprendimento di una abilità è un processo diverso e più lungo rispetto all’acquisizione di una tecnica.

2)      l’apprendimento spesso dà anche sensazioni di disagio, e anche di frustrazione, quando si tenta di apprendere abilità.

Per quanto riguarda l’essere vincenti è importante anche considerare che:

A)      la chiave per migliorare sta nell’acquisizione sia della tecnica che dell’abilità “psicologica”;

B)      la tecnica viene sempre acquisita prima dell’abilità psicologica;

C)     si può avere un’ottima tecnica e non acquisire mai l’abilità psicologica;

D)     l’eccessiva acquisizione intellettuale (tecnica) tende a mettere in ombra l’apprendimento pratico (abilità psicologica);

E)      invecchiando, salvo eccezioni, tendiamo purtroppo a smettere d’imparare nuove abilità, mentre continuiamo tranquillamente ad acquisire le tecniche;

F)      per apprendere un’abilità psicologica, occorre sforzarsi in modo determinato al fine di superare la propria “soglia di sicurezza”. Bisogna perciò accettare di sentirsi impacciati e anche a disagio durante il processo di apprendimento, finché la nuova abilità psicologica entra a far parte del proprio bagaglio istintivo;

G)     la maggior parte degli insuccessi e dei limiti (anche nella carriera sono dovuti a carenze di abilità psicologica piuttosto che di tecniche.

Immagini a questo proposito una persona che mette gli sci ai piedi per la prima volta dopo che ha compiuto i trent’anni. Non è certo una bella sensazione il primo spazzaneve o il primo dosso da superare!

E la stessa osservazione vale per molte cose della vita. I grandi campioni del tennis colpiscono la palla con una naturale abilità sia di diritto che di rovescio. I campioni però si allenano in continuazione: è il loro lavoro.

E’ proprio quello che dovremmo fare noi per migliorare le nostre abilità: allenarci in modo efficace e produttivo (e quindi NON come fanno in molti insistendo in campo pratica fin quasi allo sfinimento “tirando una pallina via l’altra”, ma adottando una “sana modalità di apprendimento psicologico del tiro giusto”).

Generalmente vi sono quattro fasi per sviluppare un’abilità psicologica:

1)      la prima fase è quella in cui si è inconsapevolmente incompetenti. Un esempio dal mondo del golf: un bambino piccolo si trova in questa fase: non sa cosa sia il golf e, ovviamente, non è capace di giocare;

2)      la seconda è quella in cui si è consapevolmente incompetenti. Il bambino cresce, scopre il gioco del golf ed è consapevole di non sapere ancora giocare.

Però vuole imparare ed è desideroso di farlo;

3)      la terza è quella in cui si diventa consapevolmente competenti. Il ragazzo, in genere affidandosi a un buon maestro, inizia ad apprendere le tecniche per giocare bene e inizia a giocare, anche se magari in modo un po’ meccanico;

4)      la quarta è quella in cui si può diventare (ma non è certo) inconsapevolmente competenti. Dopo molti allenamenti, il ragazzo non ha più bisogno di pensare a tutto ciò che il maestro gli ha consigliato di fare prima di colpire la palla, ma lo fa in modo automatico e i suoi colpi cominciano a risultare efficaci.

La terza fase si identifica con la formazione, la quarta con l’allenamento efficace e  frequente sul campo.

In base a questa suddivisione, supponiamo che lei abbia superato la prima e la seconda fase e che si trovi in qualche punto tra la terza e la quarta; che sia consapevole di conoscere determinate tecniche, di possedere alcune abilità e di non averne ancora acquisite altre.

Il punto chiave per passare dalla terza alla quarta fase è d’individuare chiaramente i colpi che ci riescono con minore facilità e naturalezza e programmare degli allenamenti mirati impegnandosi con perseveranza fino a riuscire a colpire la palla senza più pensarci con qualunque tipo di colpo.

Allenarci quindi su quelli che sono i nostri punti deboli fino a:

  • arrivare ad agire con efficacia tecnica senza neanche pensarci;
  • fare scelte corrette agendo quasi istintivamente e in tempo reale nelle varie situazione che si possono presentare in campo;.
  • ampliare il proprio repertorio di colpi corretti;
  • avere una “psicologia del golf” più performante.

Per giungere, detto in altri termini, a migliorare le proprie possibilità di scelta e di risultato.

Con i migliori auguri di un proficuo e gradito gioco.

Armando Pintus Psicologo del Golf e Mental Golf Coach –

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